giovedì 31 maggio 2012

Il discorso integrale di Mario Draghi


Il discorso integrale

 di Mario Draghi



L'intervento del Governatore
della Banca d'Italia
all'assemblea annuale dell'Abi

13.07.2011
La crisi e l’euro Le prospettive di crescita e i mercati finanziari sono condizionati dalla crisi del debito sovrano. Nonostante le decisioni prese dal Parlamento greco e dall’Eurogruppo le tensioni si sono acuite ed estese, anche per la natura inerziale che caratterizza questi processi. È indispensabile che i paesi sottoposti a un programma di aggiustamento concordato con l’Unione europea (UE) e il Fondo monetario internazionale proseguano gli sforzi significativi fin qui compiuti. Il Consiglio Europeo ha confermato il suo pieno impegno per assicurare la stabilità finanziaria nell’area dell’euro. In nessun paese vi sono alternative a un credibile consolidamento fiscale; esso costituisce il presupposto essenziale per rafforzare le prospettive di crescita. Ma non è sufficiente.

Per anni il costo del credito nelle varie parti dell’area dell’euro non si è discostato significativamente da quello prevalente in Germania. Gli spread sui titoli sovrani rispetto al Bund tedesco sono rimasti a lungo su livelli modesti e i tassi praticati dalle banche hanno riflesso la credibilità di cui godevano i titoli pubblici dei paesi dell’euro. Non è né sarà più così: la solvibilità degli stati sovrani non è più un fatto acquisito ma va guadagnata sul campo con una crescita alta e sostenibile, possibile solo con i conti in ordine. Il costo del credito riflette oggi questa nuova condizione: è più elevato per i paesi a bassa crescita e con finanze pubbliche più deboli. Il prestito di credibilità elargito dai paesi più forti dell’area dell’euro è venuto a scadenza: dovremo crescere senza farvi conto. Quelle riforme strutturali invocate per anni sono oggi ancora più essenziali.

Ho più volte ricordato come l’Europa abbia reagito alla crisi finanziaria globale avvalendosi della credibilità e della condotta monetaria tempestiva e innovativa della Banca centrale europea (BCE) e dotandosi di un più adeguato strumentario di governance economica. Esistono ora un sistema di autorità autonome di vigilanza bancaria e finanziaria, un organo europeo per il monitoraggio e la mitigazione dei rischi sistemici, nuove procedure per il coordinamento delle politiche fiscali e strutturali.

La crisi attuale costituisce però anche un’occasione per riflettere sui limiti dell’azione fin qui attuata in ambito europeo. Una nuova fase si è aperta. Dobbiamo riconoscere che nella gestione delle crisi finanziarie si è proceduto non di rado con interventi parziali e temporanei, accrescendo le incertezze sui mercati finanziari. Occorre ora dare certezza al processo con cui si gestiscono le crisi sovrane: definire con chiarezza gli obiettivi politici, il disegno degli strumenti, l’ammontare delle risorse. È un passo necessario per assicurare la stabilità dell’area e della sua moneta, per sfruttare appieno la forza della sua economia e della sua situazione monetaria e finanziaria.

L’economia italiana
L’economia italiana sta beneficiando dell’espansione degli scambi internazionali. Trae vantaggio, rispetto a molti altri paesi avanzati, dalla solidità del suo sistema bancario. Il tasso di disoccupazione è in diminuzione dall’autunno. Dopo sei mesi di variazioni appena positive, nel secondo trimestre il PIL dell’Italia sarebbe aumentato a un tasso in linea con quello medio dell’area dell’euro.

Nel medio termine il ritmo di crescita dell’economia italiana continuerebbe a collocarsi su livelli inferiori a quelli dei nostri principali partner europei. Il Bollettino Economico della Banca d’Italia, che sarà diffuso venerdì prossimo, presenterà nostre valutazioni dettagliate per il biennio 2011-2012.

Alle tensioni degli ultimi giorni che hanno interessato i titoli di Stato e i corsi azionari italiani ha contribuito l’incertezza sulle prospettive della finanza pubblica.

La manovra presentata dal Governo rappresenta un passo importante nel processo di risanamento dei conti pubblici. Gli interventi all’attenzione del Parlamento sospingono il processo di riduzione del debito. Quest’anno verrà conseguito un surplus primario significativo; l’anno prossimo, secondo le stime della Commissione europea, si accrescerà ancora, raggiungendo il livello più elevato nell’area dell’euro. Avendo anticipato le usuali scadenze, occorre definire in tempi rapidissimi il contenuto delle misure ulteriori volte a conseguire il pareggio di bilancio nel 2014. A questo soprattutto guardano oggi i mercati. Esistono rischi che questi provvedimenti distorcano l’impianto della correzione, opportunamente basato sostanzialmente su tagli delle uscite. Se non si incide anche su altri voci di spesa, il ricorso alla delega fiscale e assistenziale per completare la manovra nel 2013-2014 non potrà però evitare un aumento delle imposte.

Ma, come per gli altri paesi dell’area dell’euro, alla correzione degli squilibri di finanza pubblica si deve accompagnare un innalzamento del potenziale di crescita della nostra economia, mediante la messa in campo tempestiva di politiche strutturali incisive e credibili, con comportamenti coerenti di tutti i protagonisti della vita politica e produttiva.

La regolamentazione della finanza internazionale
Nelle ultime Considerazioni finali ho richiamato l’agenda per i prossimi mesi: definite le regole sul capitale e impostate le misure da adottare in tema di leverage e liquidità, il Financial Stability Board (FSB) e il Comitato di Basilea, su impulso del G20, stanno ora lavorando ai due maggiori temi che restano da affrontare: intermediari sistemici (SIFI) e sistema bancario ombra. Le proposte saranno presentate al G20 in novembre.

Sul primo punto esse sono ormai ampiamente definite. Entro l’estate si terrà una consultazione pubblica sui meccanismi di risoluzione delle crisi e sulle misure tese ad accrescere la capacità di assorbire le perdite da parte delle SIFI.

Per le SIFI globali si prevede una dotazione di capitale più elevata rispetto agli altri intermediari. Il buffer addizionale per le SIFI che saranno identificate varierà tra l’1 e il 2,5 per cento delle attività ponderate per il rischio, a seconda del grado di rilevanza sistemica misurato da un indicatore che tiene conto della dimensione, della complessità, delle interconnessioni con altri intermediari, dell’operatività internazionale, della specializzazione in alcuni comparti di attività. Il maggiore requisito dovrà essere coperto dal capitale di più elevata qualità. L’attuazione avverrà gradualmente a partire dal 2016. Il nuovo regime sarà pienamente operativo all’inizio del 2019.

Quanto al sistema bancario ombra, l’FSB ha deciso di concentrarsi sulle attività ad alta leva, che implicano una trasformazione delle scadenze, o che possono dare origine ad arbitraggi regolamentari. Le proposte sono in corso di definizione. In Italia la copertura della regolamentazione finanziaria, tra l’altro recentemente rafforzata, è già estesa a tutte le istituzioni finanziarie che operano con il pubblico.

Si parla spesso degli effetti dei nuovi standard internazionali sui sistemi “bancocentrici”, come quello italiano, in cui è forte la presenza di piccole e medie imprese, e si dice, giustamente, che non devono essere trattate allo stesso modo banche che hanno strutture di bilancio fondamentalmente diverse e rischi altrettanto diversi.

Cruciale è la ponderazione per il rischio delle attività bancarie. I criteri di Basilea 2 attribuivano un peso assai minore alle attività di natura finanziaria rispetto ai prestiti, in cui le banche italiane sono specializzate. È per questo che nel confronto internazionale le banche italiane risultano, sulla base dei dati attuali, meglio capitalizzate se si guarda alla semplice leva finanziaria che se si considerano gli attivi ponderati. La scelta di trattare con mano leggera le attività finanziarie derivava dall’ipotesi implicita che i mercati in cui queste vengono trattate sarebbero sempre rimasti liquidi. La crisi ha drammaticamente dimostrato la fragilità di questa ipotesi e la necessità di riequilibrare il sistema dei pesi.

Questa è la direzione verso cui si è andati con le recenti riforme regolamentari, nel contesto di un robusto rafforzamento complessivo della qualità e quantità del capitale.

Recentemente sono stati inaspriti i requisiti di capitale per le esposizioni nel portafoglio di negoziazione ed è stato rafforzato il trattamento prudenziale dei rischi connessi alle cartolarizzazioni e ai veicoli fuori bilancio (off balance sheet). Con Basilea 3 è stato reso più severo il calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio di controparte nell’ambito dell’operatività in derivati. Sull’intera materia è ora in corso, presso il Comitato di Basilea, una revisione fondamentale, il cui fine è eliminare del tutto la discriminazione dei prestiti rispetto all’attività di trading. La Banca d’Italia si adopera nelle sedi tecniche per continuare con decisione su questa strada.

Allo stesso tempo (è opportuno ricordarlo) sono state confermate quelle forme di facilitazione, già presenti in Basilea 2 e per cui la vigilanza italiana si era battuta a suo tempo, che consentono di ponderare in misura inferiore, a parità di altre condizioni, i prestiti alle piccole e medie imprese.

Le banche italiane e l’azione della vigilanza
Le banche italiane hanno dimostrato e continuano a dimostrare capacità di resistenza e di reazione in tempi gravi: non solo durante la fase acuta della crisi finanziaria, ove le ha soccorse un modello solidamente ancorato al core business dell’attività bancaria; ma anche nella fase successiva, quando alla crisi è seguita una recessione profonda in tutti i paesi avanzati, durissima in Italia anche perché veniva dopo un decennio di stagnazione a sua volta seguito da una ripresa più lenta che altrove.

In maggio la crescita sui tre mesi dei prestiti bancari a famiglie e imprese è stata pari al 5,7 per cento in ragione d’anno, ben superiore a quella media dell’area dell’euro (2,2 per cento). I prestiti alle imprese sono aumentati del 6,1 per cento; quelli alle famiglie del 5,2, sospinti soprattutto dalla dinamica dei mutui per l’acquisto di abitazioni. La vivace espansione dei finanziamenti alle imprese è riconducibile alla crescita della domanda, sostenuta dalle esigenze di finanziamento di scorte e capitale circolante.

Il deterioramento della qualità del credito è stato considerevolmente inferiore a quello registrato nella recessione dei primi anni novanta, che fu meno profonda per l’economia; il flusso di sofferenze, anche se tuttora ingente soprattutto per le imprese, comincia a mostrare segni di rallentamento. In aprile l’esposizione delle banche nei confronti dei debitori segnalati per la prima volta in sofferenza è diminuita rispetto a un anno prima.

Non c’è stata in Italia una bolla immobiliare; le perdite sofferte dalle banche in questo settore sono state nel complesso contenute, non hanno dato luogo a una crisi. Il basso livello dei tassi nominali ha contribuito a evitare un circolo vizioso in cui debitori in difficoltà temporanea di liquidità potessero trovarsi all’improvviso soffocati dagli oneri finanziari, anche in presenza di buone prospettive economiche per l’impresa.

Hanno giovato alle banche il forte radicamento nel territorio, che ha conferito stabilità alla raccolta e sorretto l’analisi qualitativa del merito di credito, e una cultura aziendale poco propensa a correre avventure. Ma la prova è stata ed è seria.

Abbiamo insistito perché le banche realizzassero tempestivamente aumenti di capitale. Non solo per la necessità di adeguarsi progressivamente ai nuovi standard internazionali, ma perché la situazione di oggi lo richiede. La risposta è stata forte e ha dato torto agli scettici. Gli azionisti, inclusi i maggiori azionisti istituzionali, hanno saputo vedere la necessità dell’intervento. Dall’inizio dell’anno le banche italiane hanno deciso o realizzato ingenti aumenti di capitale.

Il core tier 1 ratio dei cinque maggiori gruppi era pari, in media, al 7,4 per cento a fine 2010; a marzo era salito al 7,8; si può stimare che sia cresciuto ancora fino a circa l’8,6 per cento, grazie alle operazioni che si sono chiuse successivamente. Le banche si sono preparate per tempo, come avevamo chiesto, agli stress test europei, i cui risultati verranno diffusi tra qualche giorno. Siamo certi che saranno ampiamente al di sopra del limite di riferimento, pari al 5 per cento del core tier 1 ratio.

Attualmente le esigenze di rafforzamento patrimoniale del sistema bancario italiano per soddisfare entro il 2019 i nuovi requisiti di capitale di Basilea 3, che erano state valutate per il giugno 2010 pari a 40 miliardi, sono di circa 20 miliardi. Siamo sulla buona strada.

Nel tempo, la crescita progressiva del patrimonio delle banche è condizione per assicurare lo sviluppo del credito garantendo la sana e prudente gestione del sistema. È molto importante che il regime fiscale a cui sono sottoposti gli intermediari non ne scoraggi la patrimonializzazione.

È stata saggia la scelta di anticipare ai primi mesi dell’anno le emissioni di obbligazioni bancarie programmate per il 2011. I titoli già emessi dai maggiori intermediari corrispondono all’intero stock delle obbligazioni da rimborsare nell’anno. Sebbene con un sacrificio in termini di costi, è sensibilmente cresciuta la raccolta obbligazionaria sia lorda, sia netta: quest’ultima è stata pari a 31 miliardi tra luglio 2010 e giugno 2011; era negativa nei dodici mesi precedenti. Nel complesso i depositi e le obbligazioni sono cresciuti in maggio dell’1,8 per cento rispetto a un anno prima.

La Banca d’Italia continua a richiedere alle banche di mantenere posizioni di liquidità equilibrate. Questa politica è stata stabilita ben prima che si iniziasse a discutere a Basilea di standard internazionali di liquidità. Ha contribuito a proteggere il sistema italiano dalla tempesta finanziaria; resta necessaria di fronte all’ostinata instabilità dei mercati. La convergenza verso gli standard di liquidità di Basilea, del resto ancora soggetti ad affinamenti nei dettagli, avverrà gradualmente, come previsto.

Nel primo trimestre del 2011 la redditività dei primi cinque gruppi bancari è leggermente cresciuta rispetto al corrispondente periodo del 2010. Il rendimento del capitale, espresso su base annua, è passato dal 3,0 al 3,4 per cento. Le perdite su crediti sono diminuite del 12 per cento, ma continuano ad assorbire quasi la metà del risultato di gestione. Il miglioramento è incoraggiante; potrà proseguire nei prossimi mesi, quando la ripresa del credito si rifletterà positivamente sui ricavi bancari.

Ma per riportare le banche a una redditività soddisfacente è essenziale proseguire nell’attività di riduzione dei costi. Iniziative di razionalizzazione delle reti sono in corso in alcuni gruppi; vanno perseguite con determinazione. Attende le banche una difficile tornata contrattuale, in cui l’esigenza di premiare la professionalità e la produttività dei dipendenti deve essere conciliata con quella, inderogabile, di assicurare un’evoluzione dei costi coerente con le prospettive economiche del settore.

Per procedere nell’azione di risanamento dei conti pubblici, per superare l’emergenza che oggi minaccia le prospettive dell’economia, per avviare l’Italia su un sentiero stabile di crescita possiamo far leva su fattori favorevoli. Beneficiamo di un indebitamento del settore privato e di un debito netto complessivo del Paese verso l’estero entrambi contenuti. Le nostre banche sono 12 solide; sono uscite senza danni rilevanti dalla crisi finanziaria che ha invece scosso grandi istituti esteri. Disponiamo di risorse fondamentali che caratterizzano da sempre gli italiani: l’iniziativa individuale, la capacità di innovare, l’energia nel lavoro. Dobbiamo avere fiducia nelle possibilità di crescita della nostra economia. Dobbiamo trovare un intento comune, al di là degli interessi particolari e di fazione. Dobbiamo riscoprire un agire per il bene di tutti.

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