mercoledì 2 maggio 2012

LA CRISI DELL’EURO

LA CRISI DELL’EURO

Viviamo momenti terribili di una crisi economica  eccezionale, particolarmente virulenta  in Italia ed in Europa,  con gli  indici di borsa impazziti : crollano  valori di solide società industriali, volano senza alcun possibile controllo  i rating  delle più importanti agenzie internazionali;  ma soprattutto vanno alle stelle gli interessi dei  titoli di Stato emessi dai governi italiano, spagnolo,  portoghese, oltre naturalmente  a quello greco. 
La crisi è anche e  soprattutto frutto della speculazione  , alimentata dagli indici delle tanto discusse e potenti agenzie  di rating, che stanno  permettendo  alle grosse banche di affari americane,  causa prima  della tempesta globale iniziata nel 2008 e fino a poco tempo fà in agonia, di rimpiguare  le loro casse  con utili  spropositati ed in nessun modo  giustificati o giustificabili, ( come gli enormi compensi ai loro vertici amministrativi);  proprio loro che sono state artefici di operazioni spericolate sui mutui subprime, sui derivati e swap, e che hanno portato al crollo di  Wall Street
La tempesta  globale che agita le borse spesso non è  conseguenza  dei  dati di bilanci delle società quotate che a volte   presentano valori accettabili. E’  il debito pubblico sovrano non tenuto sotto controllo che con un mostruoso effetto moltiplicatore fomenta   le manovre di borsa  sulla scia degli indici di attività produttive che, per paradosso,  in troppi  casi sono completamente ignorati
La crisi  è incontrollata, in quanto tutti i rimedi varati dall’Unione Europea dopo lungo travaglio, ed inutili diatribe tra gli Stati membri, Germania e Francia da una parte e stati periferici dall’altra,  sembrano palliativi,  non  hanno portato a  correttivi  concreti ed incisivi per attenuare gli effetti della recessione economica globale e per bloccare  la speculazione finanziaria internazionale.
 In particolare:  
·        ·        non ci sembra coerente con alcun principio economico  l’eccessivo rigorismo fiscale imposto dall’U.E. al nostro governo di tecnici; 
·        ·        non sembra che stia  producendo  risolutivi effetti il fondo salva stati, partorito dopo lungo travaglio dall’Europa,   uno scudo con risorse inadeguate a sostegno finanziario dei paesi in difficoltà; 
·        ·        non sembra incisivo e decisivo il piano di rigore  di bilancio ( il  fiscal compact) perorato con veemenza  dall’asse franco tedesco ed alfine   adottato dalla comunità europea, che stabilisce regole più rigide per il rientro dei deficit statali. 
Malgrado tali provvedimenti, non si è attenuata la pressione  finanziaria  speculativa;  nemmeno dopo  l’iniezione di circa mille miliardi di liquidità che la Bce ha immesso nel circuito bancario, ma che non è sfociata in prestiti alle imprese ed alle famiglie. Questo ha accentuato la crisi che da finanziaria si è trasformata in produttiva, sfociando in una chiara recessione economica.  
Infine, si deve segnalare che  ha avuto un effetto attenuato la lunga telenovela ellenica che è culminata nella lenta ristrutturazione a singhiozzo del debito greco.
Ma soprattutto al  lungo estenuante braccio di ferro fra gli stati europei per la mutualizzazione dei  debiti pubblici, non ha  fatto  riscontro la crescita produttiva, per cui  l’economia dell’eurozona  ristagna e l’occupazione scende in modo allarmante
Peraltro  si cominciano ad evidenziare già  gli effetti del rigorismo di scuola tedesca che dopo il decreto salva Italia ed i connessi provvedimenti applicativi,  ha portato la pressione fiscale del nostro paese verso l’assurda  quota del 45% sul reddito, con incrementi su base annua a carico dei contribuenti che vanno ben oltre il 5%, mentre l’economia ristagna. 
Qualche economista, con un po’ di ritardo comincia a chiedersi quale sia  la via di uscita da questa crisi planetaria.
Il premio Nobel  Paul Krugman  che è uno dei maggiori economisti di scuola  americana   è categorico al riguado: L’Europa può salvarsi solo liberandosi dell’Euro.
E’ un’idea  che condividiamo pienamente, anche se  trova  pochissimi sostenitori in ambito europeo ovvero in Italia. 
Criticare l’unione monetaria europea è stato sempre un tabù per i politici e gli economisti italiani, anche di destra; ma lo è ancor di più oggi,  malgrado il dissesto che l’Euro così com’è stato concepito e gestito sta causando alle singole economie degli Stati aderenti ed alla nostra in particolare..
Il valore dell'Euro è stato pensato come una media della forza competitiva di singoli Stati europei, per cui è stato agganciato ad indici economici e finanziari degli stati aderenti (PIL, debito pubblico etc.) senza ponderare che  le varie  economie   hanno grandezze e strutture completamente differenti, per cui è pura utopia  pensare ad un comune denominatore che garantisca e dia forza all’Euro 
Anche l'economia americanache è  in ripresa a seguito delle manovre economiche del governo sul cambio del Dollaroha peraltro problemi  di squilibrio fondamentali,  sia interni allo Stato Federale,  che nelle partite correnti con la Cina.
Per i paesi più deboli dell'Europa,  questa politica di correggere gli squilibri delle partite correnti  non può essere fatta con aggiustamenti di cambio sull’Euro. Perchè tale politica può essere attuata sull'Euro solo unitariamente dall'U.E. e non dai singoli Stati i cui interessi sono spesso contrastanti e divergenti.
In sostanza l'ipotetico aggiustamento sull'Euro voluto dalla Germania non è certo quello richiesto dalla Grecia o dal Portogallo.
Questa è la radice dei conflitti europei, che non è solo ideale o ideologica, ma si fonda su poste di migliaia di miliardi di Euro che  possono spostarsi a favore di alcuni paesi anzichè di altri, ed  avvelena i rapporti tra gli stati forti e quelli periferici dell'Unione Europea  creando schieramenti contrapposti per salvaguardare le basi reali della propria economia
Quindi è  lo Stato  federale che si fa carico poi di riallineare gli squilibri economici interni con programmi di ridistribuzione fiscale della ricchezza e politiche sociali adeguate  per gli  stati più poveri .
Ma tale manovra nell'attuale situazione della struttura monetaria e politica europea non è materialmente possibile e nessun Paese vuol diventarne paladino.

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