LA CRISI DELL’EURO
Oggi tutti parlano di economia di spread, di swap, di derivati, termini fino a poco tempo fa sconosciuti, perché la crisi ha investito tutti spesso creando un inutile e dannoso allarmismo che è la causa e l'effetto della speculazione finanziaria internazionale , che in parte ha accelerato la paurosa recessione dell'economia mondiale, per affrontare la quale nessuno sembra avere la giusta ricetta.
Viviamo momenti terribili di una crisi economica eccezionale, particolarmente virulenta in Italia ed in Europa, con gli indici di borsa impazziti : crollano valori di solide società industriali, volano senza alcun possibile controllo i rating delle più importanti agenzie internazionali; ma soprattutto vanno alle stelle gli interessi dei titoli di Stato emessi dai governi italiano, spagnolo, portoghese, oltre naturalmente a quello greco.
La crisi è anche e soprattutto frutto della speculazione , alimentata dagli indici delle tanto discusse e potenti agenzie di rating, che stanno permettendo alle grosse banche di affari americane, causa prima della tempesta globale iniziata nel 2008 e fino a poco tempo fà in agonia, di rimpiguare le loro casse con utili spropositati ed in nessun modo giustificati o giustificabili, ( come gli enormi compensi ai loro vertici amministrativi); proprio loro che sono state artefici di operazioni spericolate sui mutui subprime, sui derivati e swap, e che hanno portato al crollo di Wall Street
La tempesta globale che agita le borse spesso non è conseguenza dei dati di bilanci delle società quotate che a volte presentano valori accettabili. E’ il debito pubblico sovrano non tenuto sotto controllo che con un mostruoso effetto moltiplicatore fomenta le manovre di borsa sulla scia degli indici di attività produttive che, per paradosso, in troppi casi sono completamente ignorati
La crisi è incontrollata, in quanto tutti i rimedi varati dall’Unione Europea dopo lungo travaglio, ed inutili diatribe tra gli Stati membri, Germania e Francia da una parte e stati periferici dall’altra, sembrano palliativi, non hanno portato a correttivi concreti ed incisivi per attenuare gli effetti della recessione economica globale e per bloccare la speculazione finanziaria internazionale.
In particolare:
· · non ci sembra coerente con alcun principio economico l’eccessivo rigorismo fiscale imposto dall’U.E. al nostro governo di tecnici;
· · non sembra che stia producendo risolutivi effetti il fondo salva stati, partorito dopo lungo travaglio dall’Europa, uno scudo con risorse inadeguate a sostegno finanziario dei paesi in difficoltà;
· · non sembra incisivo e decisivo il piano di rigore di bilancio ( il fiscal compact) perorato con veemenza dall’asse franco tedesco ed alfine adottato dalla comunità europea, che stabilisce regole più rigide per il rientro dei deficit statali.
Malgrado tali provvedimenti, non si è attenuata la pressione finanziaria speculativa; nemmeno dopo l’iniezione di circa mille miliardi di liquidità che la Bce ha immesso nel circuito bancario, ma che non è sfociata in prestiti alle imprese ed alle famiglie. Questo ha accentuato la crisi che da finanziaria si è trasformata in produttiva, sfociando in una chiara recessione economica.
Infine, si deve segnalare che ha avuto un effetto attenuato la lunga telenovela ellenica che è culminata nella lenta ristrutturazione a singhiozzo del debito greco.
Ma soprattutto al lungo estenuante braccio di ferro fra gli stati europei per la mutualizzazione dei debiti pubblici, non ha fatto riscontro la crescita produttiva, per cui l’economia dell’eurozona ristagna e l’occupazione scende in modo allarmante
Peraltro si cominciano ad evidenziare già gli effetti del rigorismo di scuola tedesca che dopo il decreto salva Italia ed i connessi provvedimenti applicativi, ha portato la pressione fiscale del nostro paese verso l’assurda quota del 45% sul reddito, con incrementi su base annua a carico dei contribuenti che vanno ben oltre il 5%, mentre l’economia ristagna.
Qualche economista, con un po’ di ritardo comincia a chiedersi quale sia la via di uscita da questa crisi planetaria.
Il premio Nobel Paul Krugman che è uno dei maggiori economisti di scuola americana è categorico al riguado: L’Europa può salvarsi solo liberandosi dell’Euro.
E’ un’idea che condividiamo pienamente, anche se trova pochissimi sostenitori in ambito europeo ovvero in Italia.
Criticare l’unione monetaria europea è stato sempre un tabù per i politici e gli economisti italiani, anche di destra; ma lo è ancor di più oggi, malgrado il dissesto che l’Euro così com’è stato concepito e gestito sta causando alle singole economie degli Stati aderenti ed alla nostra in particolare..
La crisi per noi è dunque prima di tutto crisi dell'Euro, anche se la bolla maledetta è nata ed è stata accentuata dalla crisi finanziaria degli Stati Uniti, diretta conseguenza dell’enorme debito americano e della dissennata speculazione sui mutui subprime e sui derivati.
L’ Euro definito da alcuni solo moneta di conto, sta creando seri problemi agli stati europei in quanto non esiste un valido meccanismo di riequilibrio dei disavanzi delle partite correnti.
Il valore dell'Euro è stato pensato come una media della forza competitiva di singoli Stati europei, per cui è stato agganciato ad indici economici e finanziari degli stati aderenti (PIL, debito pubblico etc.) senza ponderare che le varie economie hanno grandezze e strutture completamente differenti, per cui è pura utopia pensare ad un comune denominatore che garantisca e dia forza all’Euro
Questo è il limite della moneta unica, in quanto trattandosi di media, alcuni paesi sono al di sopra della media (Germania) e per altri sono al di sotto (Grecia, …….)
Nell’attuale situazione di turbolenza dei mercati l'Euro sta favorendo le esportazioni tedesche, ma sta anche danneggiando quelle della Grecia, dell'Italia e di altri paesi periferici. Per cui nell'ambito dell'Unione Europea le esportazioni tedesche creano un costante disavanzo con l'Italia, con ulteriori conseguenze indirette sugli indici di borsa, sul costo del denaro e sul rendimento dei titoli di Stato.
Gli squilibri commerciali non possono essere corretti con aggiustamenti del cambio, cosa che invece avviene normalmente negli Stati Uniti che hanno un debito ben superiore a quello italiano.
Anche l'economia americana, che è in ripresa a seguito delle manovre economiche del governo sul cambio del Dollaro, ha peraltro problemi di squilibrio fondamentali, sia interni allo Stato Federale, che nelle partite correnti con la Cina.
Gli Stati Uniti importano dalla Cina più di quanto esportano, e l’enorme debito pubblico americano è in mano ai cinesi, i quali hanno conquistato anche buona parte dei pacchetti azionari delle società Usa e si apprestano a fare altrettanto con quelle europee..
La Cina al momento continua a finanziare il debito degli Stati Uniti a tassi di interessi contenuti, in quanto eventuali problemi di liquidità potrebbero portare al deprezzamento del dollaro per correggere lo squilibrio e rilanciare le esportazioni, nonché ad una svalutazione del proprio credito in dollari.
Per i paesi più deboli dell'Europa, questa politica di correggere gli squilibri delle partite correnti non può essere fatta con aggiustamenti di cambio sull’Euro. Perchè tale politica può essere attuata sull'Euro solo unitariamente dall'U.E. e non dai singoli Stati i cui interessi sono spesso contrastanti e divergenti.
In sostanza l'ipotetico aggiustamento sull'Euro voluto dalla Germania non è certo quello richiesto dalla Grecia o dal Portogallo.
Questa è la radice dei conflitti europei, che non è solo ideale o ideologica, ma si fonda su poste di migliaia di miliardi di Euro che possono spostarsi a favore di alcuni paesi anzichè di altri, ed avvelena i rapporti tra gli stati forti e quelli periferici dell'Unione Europea creando schieramenti contrapposti per salvaguardare le basi reali della propria economia
In sostanza l'ipotetico aggiustamento sull'Euro voluto dalla Germania non è certo quello richiesto dalla Grecia o dal Portogallo.
Questa è la radice dei conflitti europei, che non è solo ideale o ideologica, ma si fonda su poste di migliaia di miliardi di Euro che possono spostarsi a favore di alcuni paesi anzichè di altri, ed avvelena i rapporti tra gli stati forti e quelli periferici dell'Unione Europea creando schieramenti contrapposti per salvaguardare le basi reali della propria economia
Per cui si continua a privilegiare la Germania a danno della Grecia e dell'Italia in nome di una ideale costruzione artificiosa quale è appunto l'unione monetaria europea
Per riequilibrare i rapporti all'interno dell'Europa è necessaria una unione fiscale ovvero l’ uniformità di trattamento nella tassazione nell’ambito dell’Unione che permetta di eliminare gli squilibri esistenti nella tassazione dei redditi tra i vari Paesi, come avviene, appunto tra gli stati della Federazione Usa.
Quindi è lo Stato federale che si fa carico poi di riallineare gli squilibri economici interni con programmi di ridistribuzione fiscale della ricchezza e politiche sociali adeguate per gli stati più poveri .
Ma tale manovra nell'attuale situazione della struttura monetaria e politica europea non è materialmente possibile e nessun Paese vuol diventarne paladino.
Ma tale manovra nell'attuale situazione della struttura monetaria e politica europea non è materialmente possibile e nessun Paese vuol diventarne paladino.
Questo è il limite dell'unione monetaria in quanto gli squilibri causati dalla rigidità dell’Euro, non opportunamente corretti da una unione fiscale, e da una politica sociale comune, non permetteranno mai alcun intervento di riequilibrio dei disavanzi delle partite correnti dei singoli stati e che quindi tenderanno con l’attuale crisi sempre più ad accentuarsi fino all’inevitabile crollo del sogno della perfetta moneta unica europea
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